Quella Note: Ereditando Miss Fortuna Scena Bonus
Questo dovrebbe essere letto dopo aver finito Ereditando Miss Fortuna.
Capitolo 1
Dev – Quella notte di due anni fa
Katie e io eravamo seduti uno accanto all’altra sul suo patio mentre il sole tramontava dietro la casa accanto. Quando mi aveva detto che avrebbe invitato degli amici per una grigliata, mi ero chiesto se stesse cercando di distrarsi dal nervosismo per i nostri appuntamenti medici del mattino o se stesse celebrando il passo successivo nel suo sogno di diventare madre.
Non ne ero ancora sicuro, ma in entrambi i casi era bello stare di nuovo con lei. Tra le risate e le chiacchiere degli altri invitati alla festa, a una vecchia canzone dei Beatles seguì un motivo reggae, e io risi sommessamente per i gusti musicali eclettici di Katie.
“Sei così strana,” le dissi.
“Non mi sembra una novità.” La sua fossetta si aprì mentre mi sorrideva. “L’ho messa nella playlist per te. In realtà, è tutto un omaggio discreto a quello che stai facendo per me, Dev. Non ti ringrazierò mai abbastanza.”
Le mie orecchie captarono il testo della canzone, che parlava di come fosse possibile cavarsela con un piccolo aiuto dagli amici, e alzai gli occhi al cielo. “Per favore. Non sarò mai in grado di ripagarti per avermi aiutato a entrare a Yale, perlopiù con una borsa di studio, quindi possiamo smetterla?”
“Giusto.” Mi diede una gomitata sulla spalla con la sua. “Non parliamo—parliamo davvero— da un po’. Come vanno le cose con i tuoi genitori? Si sono tolti dalla testa i loro—”
“No,” interruppi. Il senso di colpa e il rimpianto che mi accompagnavano da sempre in quei giorni mi ribollivano nelle viscere e mi lasciavano un sapore amaro in bocca. “E neanche quella è una novità.” Mi schiarii la gola. “Dimmi come vanno le cose nel tuo studio. La tua carriera da avvocata è come pensavi?”
Il leggero aroma floreale del suo profumo aleggiava nella calda sera primaverile, e lei cambiò argomento con la sua solita grazia. “È fantastico. Davvero fantastico. Il mio lavoro è stimolante e divertente e ho incontrato delle persone incredibili. Infatti, vorrei che tu conoscessi un mio collega. Lui è… oh! Eccolo.” Fece un cenno con la mano mentre un uomo usciva dalla porta sul retro della casa. “Tully, vieni qui così ti presento Dev!”
L’uomo sollevò gli occhi dai selciati in pietra e mi sentii come se fossi stato colpito da una trave dritto al petto. I suoi occhi verde-azzurro chiaro incontrarono i miei. Una delle sue sopracciglia scure si sollevò al centro come se stesse facendo una domanda. Le sue labbra erano carnose e rosa pesca, e mi chiesi distrattamente se si fosse passato un burro cacao prima di venire alla festa di Katie.
Indossava pantaloni color salmone-cachi con una semplice camicia bianca che sembrava volutamente sbiadita e consumata come se fosse stata realizzata in quel modo da un marchio famoso. I suoi piedi nudi erano visibili nelle infradito di pelle marrone, e il mio stomaco fece una strana piccola torsione alla vista del suo secondo dito che sporgeva un po’ più dell’alluce.
Deglutii e gli rivolsi un’occhiata in tempo per vederlo alzare quel sopracciglio bizzarro per il divertimento. Mi sentii arrossire in volto.
“Tully, ti ricordi del mio migliore amico del liceo di cui ti ho parlato, vero?” Sorrise e mi mise una mano sulla spalla. “Eccolo qui—Dev.”
Quell’uomo—Tully—mi rivolse un sorriso caldo e amichevole e mi offrì la mano per stringerla. “Piacere di conoscerti.”
Rapito da quegli occhi, desideravo ardentemente dire qualcosa di soave e memorabile.
“Uh. Io… uh… sì. Ciao.” Mentre gli stringevo la mano, sentii il mio viso avvampare.
Fantastico, Devon. Proprio fantastico. Si ricorderà che sei un idiota. Perfetto.
“Dev vive a New York ora,” continuò Katie in tono canzonatorio. “Quel coglione è andato in un college di lusso nel New England ed è rimasto lì. Immagino che abbia trovato degli amici che gli piacevano più di me.”
“New York? Wow. Come ti sembra?” chiese Tully.
Riflettei sulla sua domanda per un momento prima di rispondere. “È… è New York. Ci sono cose belle e brutte. Mi piace stare vicino ai miei amici dell’università che sono tutti lì, ma non amo il caos della città. E la folla. Io…”
La mia bocca si chiuse di scatto prima che potessi iniziare a dilungarmi in poesie sulla mancanza degli ampi spazi del ranch dei nonni di Katie e della possibilità di saltare in sella e cavalcare fino a ricoprirmi di sudore e liberarmi dei miei demoni.
Di questi tempi, i miei demoni non mi abbandonavano mai, quindi una cavalcata dura mi avrebbe lasciato soltanto sudato e senza fiato.
Ma lo desideravo ancora con ogni parte del mio essere.
Le sopracciglia di Tully si abbassarono. “Tu…?”, incalzò.
Katie si alzò dal piccolo divano a due posti all’aperto e fece cenno a Tully di prendere il suo posto. “Devo controllare il cibo. Chiedigli dei cavalli. A Dev piace parlare di cavalli.”
Il mio battito cardiaco accelerò quando si sedette accanto a me. Il profumo floreale fu sostituito da uno di menta nell’aria della notte estiva. Non potei fare a meno di sorridere mentre annuivo verso il bicchiere che aveva in mano. “Ti ha imposto un mojito?”
Alzò gli occhi al cielo. “Lei è fatta così, sai? Una settimana è questa ricetta di sangria che ‘devi provarla assolutamente, Tully!’ E quella dopo, è una nuova birra artigianale ‘che è unica nel suo genere’. Cosa c’è di sbagliato in un bel bicchiere di chardonnay, vorrei sapere.” Il suo tentativo di imitare la voce dolce di Katie con il suo accento del sud mi fece sorridere.
“Niente,” gli assicurai. “Ma devo ammettere che non sembri molto texano se non sei un bevitore di birra entusiasta.”
Scrollò le spalle. “A me la birra piace molto. A dire il vero, sono felice di provare qualsiasi cosa Katie voglia che io provi. Sono un tipo facile.”
Fu il mio turno di alzare un sopracciglio, e lui rise subito quando si rese conto di quello che aveva detto.
Poi scrollò le spalle come se lo ammettesse.
Tully prese un lungo sorso del suo drink. Non potei fare a meno di fissare il suo pomo d’Adamo mentre deglutiva.
“Quindi tu, ah… lavori con Katie? Nello stesso studio legale?” dissi un po’ disperatamente. Per la prima volta da molto tempo, il mio cuore batteva a mille per la sola vicinanza di un uomo. Non pensavo di aver mai provato questo tipo di attrazione istantanea e totale con qualcuno prima, e ci vollero livelli epici di autocontrollo per trattenermi dal chiedergli di seguirmi nella stanza degli ospiti di Katie e lasciarmi lavare il suo corpo nudo con la lingua.
Non ero venuto in Texas per rimorchiare. Ero qui per due scopi—per far riprodurre un’ultima volta Trigger dai nonni di Katie e per riprodurre me stesso con la loro nipotina.
Le regole della clinica erano chiare. Oltre a idratarmi, dovevo astenermi da vasche idromassaggio ed eiaculazioni per quarantotto ore.
Cosa che non avevo considerato un problema fino a quel momento.
Perché per qualche ragione, volevo questo bell’uomo più di quanto pensassi di aver desiderato chiunque altro nella mia vita. C’era qualcosa nei suoi occhi gentili e nella sua risata fragorosa che mi faceva desiderare di restare qui su questo piccolo divano e fargli domande inutili sul suo lavoro, sulla sua famiglia, sul suo parere sui cereali per la colazione e sul suo bowling preferito finché i lampioni non si fossero spenti e i vicini non si fossero alzati per andare al lavoro la mattina dopo.
Mi raccontò del suo lavoro con Katie nello studio, di come si fossero prefissati degli obiettivi insieme e si fossero assunti le proprie responsabilità, e di come stesse cercando di tornare a correre dopo essersi ripreso da uno stiramento al tendine del ginocchio.
Gli raccontai di un musical che avevo visto di recente a Broadway con un amico, di come mi fossi imbattuto in una bella galleria fotografica di recente durante un viaggio in macchina nel Maine e di come l’anno scorso avessi visto un cavallo partorire due puledri gemelli.
Parlammo per ore, anche se sembrarono solo pochi minuti. Altri ospiti andavano e venivano, unendosi alla conversazione per qualche istante o più, ma lasciandoci sempre insieme alla fine. Dopo un po’, mi resi conto che non ero l’unico a provare quell’attrazione. Tully non si alzò per riempire il suo drink una volta finito o per prendere del cibo quando era pronto. Non cercò nemmeno di conversare con qualcun altro.
Ad ogni parola che quell’uomo pronunciava, la sua intelligenza, il suo umorismo e la sua gentilezza risplendevano, e io sprofondavo sempre più in… beh, nell’attrazione, per lo meno. Nel desiderio di passare più tempo a conoscerlo. Nel desiderio di farmi conoscere anche da lui.
Quando finalmente dovetti lasciarlo per andare in bagno, mi chiesi se avrei potuto rompere il giuramento che avevo fatto a me stesso, programmando un viaggio di ritorno per andare a trovare Katie, solo per la remota possibilità di rivedere Tully.
Non l’avrei fatto, ovviamente. Non potevo. Avevo detto a Katie che non avrei avuto un rapporto con il suo bambino e che non avrei mai cambiato idea…
Anche se quei momenti trascorsi con Tully erano stati la prima volta da sempre in cui avevo sentito il mio dolore e il senso di colpa per la morte di mio fratello attenuarsi per un po’.
La festa si era fatta più affollata man mano che la notte avanzava, con gruppi di colleghi, vicini e vecchi amici del college e della facoltà di giurisprudenza che si univano. Katie era nel suo elemento naturale; chiacchierava e si univa a tutti con un ampio sorriso sul viso e scoppi di risate qua e là.
Sorrisi tra me e me mentre spingevo la porta del bagno. Era bello vedere Katie felice e appagata. Sarebbe stata una madre fantastica ed ero sollevato nel vedere che avrebbe avuto un sacco di supporto, anche se i suoi genitori erano degli stronzi insensibili.
Prima che potessi girarmi per chiudere la porta dietro di me, un corpo caldo premette contro la mia schiena, e il suono della porta che si chiudeva colpì le mie orecchie.
“Vieni a casa con me.”
Chiusi gli occhi e inspirai il sapore del mojito mentre la sua voce, calda e solida, mi avvolgeva.
“Io…” Avevo bisogno di dirgli che non mi era permesso farlo quella sera. Non mi era permesso venire. Che stare con lui senza riuscire a eiaculare mi avrebbe lasciato con il peggior caso di palle blu nella storia dell’umanità.
“Sì,” dissi invece.
Capitolo 2
Tully
Nel momento in cui ero uscito nel cortile di Katie, i miei occhi si erano posati sull’uomo più bello del gruppo. Forse—okay, sicuramente—l’uomo più bello che avessi mai visto.
Preferivo gli uomini raffinati, di città. Amanti che capissero che ero troppo concentrato sulla carriera per dare priorità a una relazione. Mi piaceva pensare di essermi lasciato alle spalle le mie fantasie di cowboy alti e muscolosi quando avevo lasciato il ranch di mio padre.
Un’occhiata all’uomo seduto accanto a Katie mi aveva fatto cambiare idea in un secondo. Il mio desiderio fu istantaneo… e totalizzante.
Per favore sii gay, avevo supplicato silenziosamente più e più volte mentre mi avvicinavo, e quando l’avevo sorpreso a squadrarmi dall’alto in basso qualche istante dopo, mi era sembrata la vittoria più dolce.
Bingo.
Quando si era scusato per andare in bagno, avevo deciso di provarci. Se Dev mi avesse rifiutato, sarei tornato a casa con la coda tra le gambe e mi sarei fatto una sega al ricordo dei suoi capelli scuri e ondulati, delle labbra rosso ciliegia e dei suoi tristi occhi nocciola.
Ma ora era lì con me nel mio appartamento, e mi spingeva contro il muro più vicino e mi baciava appassionatamente con quelle labbra. Le sue mani erano dappertutto—su per la mia camicia, giù per i miei pantaloni, impigliate nei miei capelli. Volevo supplicarlo di scoparmi o di lasciarmi scopare lui. Di farmi un pompino o di lasciarmi fare un pompino a lui. Qualsiasi dannata cosa volesse solo per poterlo vedere nudo e toccarlo ovunque.
Gli infilai la mano nella parte anteriore dei jeans dopo averli strappati, ma lui mi afferrò il polso e me lo tirò via. “No.”
Ero troppo confuso per fare altro che obbedire ai suoi desideri. Forse mi stavo muovendo troppo velocemente. Forse voleva essere lui a comandare. In ogni caso, non mi importava molto purché tenesse le mani su di me.
“Dimmi cosa vuoi,” ansimai mentre i suoi denti mi mordevano la pelle sensibile del collo. “Farò qualsiasi cosa.”
“Fanculo,” gemette mentre premeva la punta dura del suo uccello contro la mia. “Voglio farti venire.”
“Camera da letto.”
Lo spinsi via prima di allungare la mano verso di lui e trascinarlo lungo il corridoio. I miei vestiti scomparvero in una frenetica combinazione di strattoni e imprecazioni mentre gli facevo cenno di spogliarsi.
Per fortuna, lo fece. Cademmo insieme sul letto, cercando il viso l’uno dell’altro per baciarci ancora e ancora.
Il ginocchio di Dev mi spinse a divaricare le gambe e lui si chinò per accarezzarmi il palmo della mano lungo il membro prima di prendermi le palle.
“Lascia che ti succhi,” dissi tra respiri affannosi. Le mie dita si piegarono nelle sue spesse onde scure mentre giravo il viso per baciarlo di nuovo sulle labbra.
Scosse la testa prima di scendere a baciarmi la mascella, il collo, il petto. Si tirò un capezzolo in bocca e succhiò forte, facendomi inarcare e lasciare uscire un gemito disperato. “Per favore,” supplicai.
La sua bocca continuò a scendere sul mio petto, ma prima che andasse molto oltre, persi la pazienza e lo girai in modo da essere sopra, muovendo la mia bocca lungo il suo corpo nello stesso modo. Cercò di tirarmi i capelli per farmi tornare su per baciarlo di più, ma ero troppo disperato per mettere la mia bocca sul suo fallo.
La punta gocciolava, sporgeva lucida e scura dal cappuccio. Mi si inumidì la bocca dal desiderio di assaggiarlo, di farlo contorcere e ansimare di piacere.
Proprio mentre gli davo un bacio su un neo quadrato sopra l’anca, mi tirò su e mi fece girare finché non fui di nuovo sotto di lui.
“Aspetta, io—” Prima che potessi dire che volevo succhiarglielo, la sua bocca era sul mio cazzo, succhiandolo, caldo e bagnato. “Fanculoooo.”
Il mio cervello andò completamente in palla mentre mi prendeva nella gola. La sua lingua roteava intorno al mio membro e una delle sue mani si alzò per pizzicare un capezzolo. Gli afferrai la mano e la tenni nella mia per evitare di venire troppo in fretta. Non volevo che finisse. La sua bocca era perfetta, ma era più di questo. La sua dedizione al mio piacere, per assicurarsi che venissi prima, era stranamente accattivante.
Quando era stata l’ultima volta che ero stato con un uomo così intenzionato a farmi sentire bene? Di sicuro non era stato con un’avventura casuale. Ma c’era un tipo unico di… qualità da gentiluomo in Dev che mi faceva desiderare di saperne di più su di lui. Di scoprire perché era fatto così.
Ora capivo perché piaceva così tanto a Katie. Era gentile e tranquillo, ma anche un bravo conversatore. Aveva fatto un sacco di domande durante la serata con me e gli altri ospiti di Katie. Dev aveva la capacità di far sentire le persone apprezzate e ascoltate senza dominare la conversazione.
“Dev,” dissi, stringendogli la mano per attirare la sua attenzione. “Girati. Lascia che ti succhi anche io.” Le mie parole uscirono stridenti e senza fiato. Ero sul filo del rasoio dell’orgasmo e sapevo che una volta venuto, il mio cervello sarebbe esploso definitivamente.
Volevo condividere quel momento con lui, volare oltre il limite insieme.
Intensificò l’azione con uno scrollone della testa, lasciando la mia mano per muovere le sue dita sotto il mio sacco per sfiorare la pelle sensibile del mio buco. Inspirai proprio mentre sollevava i suoi occhi nocciola verso i miei.
C’era così tanto calore nel suo sguardo che immediatamente volai giù dal dirupo.
I suoi occhi non si staccarono mai dai miei. In quelle calde piscine color nocciola, scorsi sollievo, piacere, calore e tanto fottuto dolore. Volevo tenerlo stretto, dirgli che avrei ascoltato qualsiasi cosa volesse dirmi. Volevo conoscerlo meglio, chiedergli di più su di lui. Scoprire perché aveva lasciato il Texas tutti quegli anni addietro e sembrava riluttante a tornare.
La bocca di Dev risalì lungo il mio stomaco e il mio petto fino al collo, dove mi succhiò la pelle sotto l’orecchio.
“Sei così fottutamente reattivo. Potrei toccarti e scoparti tutta la notte.”
La sua voce profonda mi fece venire la pelle d’oca. “Sì,” dissi con un sorriso pigro. Spostai le mani nei suoi capelli arruffati, segretamente eccitato che fossero scompigliati per aver giocato con me.
Spostò le labbra sul mio lobo dell’orecchio e lo morse. “Ma adesso devo andare,” sussurrò.
Il mio stomaco si contrasse. “Non ancora. Dammi solo altri dieci secondi per farti vedere cosa so fare,” stuzzicai, passandogli le dita tra i capelli per scompigliarli ancora di più.
Mi diede un bacio sulla guancia. “Non posso. Non voglio che Katie sappia che me ne sono andato. E domani mattina ho un appuntamento.” Si mosse per scendere dal letto.
“Aspetta,” dissi, confuso dal fatto che se ne andasse così all’improvviso. “E dopo il tuo appuntamento? Possiamo… pranzare insieme?”
Odiavo sembrare così disperato, ma ero semplicemente disperato. Non era solo un desiderio… Era un bisogno.
La sua espressione fu sufficiente, ancor prima che prendesse la parola. “Me ne vado subito dopo il mio appuntamento. Devo riportare il mio cavallo a est, e dobbiamo essere lì per un evento tra due giorni. Sono…” Deglutì e per un breve momento, sentii che forse era pentito della sua partenza improvvisa tanto quanto me. “Sono contento che ci siamo incontrati.”
Mi tirai su e presi il telefono che avevo gettato sul comodino. “Dammi il tuo numero e io—”
“No,” disse, mettendosi i vestiti. “Mi dispiace.”
Lo fissai. Le parole si accumularono dietro i miei denti mentre mi chiedevo quali avrebbero potuto fargli cambiare idea. Era qualcosa che avevo detto o fatto?
Non ero stato abbastanza altruista nei suoi confronti da giustificare il fatto di rimanere in contatto?
“Oh,” fu l’unica parola che mi permisi di dire.
L’espressione di Dev era di scuse, e forse mi illusi credendo che fosse anche di rammarico. “Mi dispiace. Ma io… io… non tornerò, quindi…”
Avevo la gola piena di parole che sarebbe stato troppo imbarazzante dire. “Sì, no. Ho capito. Io… ti auguro il meglio. Con… tutto.”
Esitò prima di annuire e borbottare un ringraziamento.
Mi alzai e indossai un paio di pantaloncini prima di accompagnarlo alla porta.
Si voltò e mi squadrò da capo a piedi, quasi nello stesso modo in cui aveva fatto prima, ma questa volta, lo sguardo era meno di valutazione e più… di memorizzazione.
“Prenditi cura di Katie, okay?”
Sbattei le palpebre per la sorpresa. “Sempre.”
Dev serrò la mascella e finalmente incontrò il mio sguardo. “E prenditi cura anche di te.”
Il mio petto si strinse. “Solo se prometti di prenderti cura di te,” dissi dolcemente.
Si fece avanti e mi tirò tra le sue braccia, stringendomi in uno di quegli abbracci forti che sembravano durare per sempre e guarire qualcosa di profondo nell’anima che non sapevi nemmeno fosse rotto.
Mi aggrappai a lui disperatamente e dissi una preghiera per la prima volta in almeno un decennio.
Dio, per favore lascia che i miei passi possano incrociare di nuovo quelli di quest’uomo. Per favore, dammi un’altra possibilità di conoscerlo e di stare con lui.
Ci vollero due anni solitari, anni in cui cercai di dimenticarlo e non ci riuscii, prima che la mia preghiera venisse esaudita.